Politicare

Pubblicato il 29 ott 2025

Ultimamente nella mia università ci sono le elezioni per candidare un rappresentante al consiglio accademico.

Non posso che ringraziare l’immensa fiducia che viene riposta nei miei confronti e nella mia capacità di giudizio, nel sfracassarmi (termine aulico) sul votare n-personalità con cui ho avuto più o meno a che fare.

Bene, questo post va a voi.

Ma in generale, a chi pensa di cambiare le cose.

A chi forse non ha capito un’emerita ceppa della politica.

E attenzione:

io non sono nessuno, potrebbe dire qualcuno.

Assolutamente vero.

Sono aperto a confronti.


Prima cosa:

le caramelle non cadono dal cielo.

Bisogna essere pragmatici.

Definizione di pragmatico:

“Pragmatico” si riferisce a una persona o a un atteggiamento che privilegia la concretezza e l’azione pratica rispetto alla teoria e all’astrazione.

Quindi sì, bello tutto.

Tutti noi vorremmo il mondo arcobaleno, senza guerre, con esoneri a tutti gli esami ecc…

Spoiler:

non esiste un mondo del genere.

Prima di lamentarsi ai quattro venti e diffondere illazioni false o incomplete, bisognerebbe avere l’umiltà di mettersi a comprendere il perché succede quella cosa che tanto non sopportate.

È solo capendo il perché che potete trovare una soluzione.

Non basta dire: “eh ma non funziona x”.

No.

Se volete fare politica, lamentarvi e segnalare il problema non basta.

Quello spetta ai cittadini.

Volete il potere?

Imparate a capire a fondo le cose.

Facendo ciò, capirete che non si possono chiedere e proporre cose irrealizzabili e antieconomiche.


Seconda cosa:

non esiste la bacchetta magica.

Non cambierete un bel nulla, se non avete uno straccio di soluzione al problema.

O se non avete un’idea che sia pragmatica e realizzabile.

Non basta conoscere a fondo cosa non funziona.

Bisogna proporre soluzioni concrete.

Chi sta sopra di voi, come può prendervi seriamente se le uniche proposte che avete sono irrealizzabili e antieconomiche?

Impossibile.

Anzi, forse sarà contento di avere rappresentanti degli studenti inutili e quindi nessuno tra i piedi.

Perché uno che mi dice “esoneri a tutti gli esami!”, nemmeno lo ascolto.

E figurati un coordinatore di corso che sa perfettamente i costi e l’irrealizzabilità della cosa.

Sto estremizzando naturalmente, ma non mi ci sto allontanando molto.

Il punto è che si crede che il mondo sia colorato e che i desideri dei bimbetti verranno sempre realizzati.

La politica è una cosa seria, è complessa: banalizzarla e renderla semplice non è la strada corretta.


Terza cosa:

i cambiamenti sono sistemici.

L’università è un sistema complesso.

Credere di cambiare le cose con facilità e solo con l’entusiasmo non è la strada.

Un pirulino che tocchi può comportare effetti incredibilmente improvvisi e inaspettati.

Non stai amministrando il negozio sotto casa tua.

Bisogna comprendere a fondo il sistema, dare soluzioni/idee concrete e, alla fine, comprendere la complessità e l’interconnessione tra le parti.

Se voglio più esoneri, devo capire che per farlo devo pagare una giornata in più il professore.

Può essere che il professore abbia più corsi in dipartimenti diversi, che le aule siano tutte prenotate mesi prima, i costi impatteranno sul bilancio, che a livello legale serve la segreteria che normi questo tipo specifico d’esame e così via.

Solo un approccio ingegneristico ai problemi cambia le cose.

Dopo aver fatto ciò, allora si può andare dal popolo a dire:

“Ehi, mi candido all’elezione X,Y,Z. Non è detto riesca, però queste sono le mie proposte concrete, realizzabili, e i passi che vanno compiuti per arrivare da A a B.”

E non solo allo step: raccolgo i problemi delle persone e li metto nelle proposte.

Le persone tendono (sbagliando) a lamentarsi di problemi irrisolvibili o con ardua risoluzione e a dare idee folli e irrealizzabili.

Sta al “politico” di turno discernere il signal dal noise e strutturare proposte concrete in grado di migliorare in modo profondo e reale ciò che si amministra.

Però giustamente qualcuno di voi mi dirà:

“ma serve il consenso delle persone affinché tutto ciò accada. Se non ti votano, è tutto un cavolo.”

Ed è per questo che, per quanto mi sia stato proposto più volte, non mi candiderò mai.

(O perlomeno… vedremo ;) Se divento presidente del consiglio vi faccio uno squillo.)

Purtroppo, per farti votare devi:

semplificare, polarizzare (ti lascio il significato…) e aggregare.

E quindi, per aggregare più voti possibili, devi essere portavoce di proposte “cool” che attirino più persone possibili.

E molto spesso, sono proprio quelle meno efficaci ed a tratti inutili.

Quindi vi capisco.

Toccherebbe trovare l’equilibrio tra l’essere critici, profondi, trovare il 20% delle cose che danno l’80% del risultato e comunicare aggregando, polarizzando e semplificando.

Ma è una sfida ardua.

Pochi ci riescono.

Ed io non credo di essere in grado al momento.

Per questo non mi candido.

Per questo non contribuisco alla vita politica (universitaria e non).

Per me è una cosa seria e odio chi la banalizza e la usa come un mero strumento per i suoi interessi personali (per carità), ma nulla di più.

Se non crei valore, lascia perdere.

Già è parecchio marcio il sistema.

E se ti illudi di poter creare valore, rileggi il post.

Se invece credi di essere in grado, chapeau.

Spero che riuscirai nel cambiare le cose.


Questo non è solo una guida al politicare un’università:

è come dovrebbe approcciare qualsiasi persona che crede di poter cambiare qualcosa.

Tutto è un sistema.

E come tale, è complesso.

Altrimenti tutti cambieremmo tutto.

(Il mondo sarebbe un disastro, ma questo è un altro discorso…)

E se vi siete adirati nel leggere ciò, vuol dire che non siete pronti a politicare.

Le critiche sono all’ordine del giorno.

Mi dispiace.

Gli oneri e gli onori.

Basta banalizzare.

Siate seri, per favore.

Anche perché siete lo specchio della società.

E, a volte, lo specchio riflette esattamente ciò che non vogliamo vedere.


A presto,

A.L.

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